#1 #2 – I nostalgici…del nucleare. Di Fausto Bersani

Cari lettori, vi accompagnerò in due puntate dedicate al tentativo di ritorno nostalgico al nucleare avanzato dal Governo italiano il quale, assecondato da una stampa compiacente e da presunti esperti, si è prodigato nel tentativo di cortocircuitare l’esito dei referendum del 1987 e del 2011 a seguito dei quali l’Italia chiuse le centrali esistenti e decise di fermare i piani del governo per costruirne di nuove.

Il 28 febbraio scorso il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge delega che, una volta ratificato dal Parlamento, permetterà al Governo di adottare entro dodici mesi i decreti attuativi necessari a disciplinare il “nuovo nucleare”. Un primo profilo preoccupante della nuova legge è rappresentato dal fatto che le centrali nucleari diventerebbero opere di interesse nazionale per cui sarebbero soggette all’autorizzazione unica del Governo fatta salva la Valutazione di Impatto Ambientale. Dal momento che a me interessano i dati oggettivi, non aggirabili da argomentazioni ideologiche, vediamo di capire perché questa scelta non è sostenibile a livello ambientale e sanitario né conveniente sul piano economico.

In Italia erano state costruite 4 centrali chiuse dopo il 1987 e, ad oggi, non sono ancora stati trovati siti definitivi per il deposito delle scorie. Entro il 2025 è previsto il ritorno, sul nostro territorio, di oltre 235 tonnellate di scorie radioattive ad alta pericolosità temporaneamente parcheggiate in Francia e Regno Unito, un’operazione per la quale abbiamo pagato, dal 2001 ad oggi, circa 1,2 miliardi di euro. Negli Stati Uniti, ogni anno, vengono spesi circa 500 milioni di dollari per la gestione delle scorie di circa 100 centrali ad uso civile e questi costi sono destinati ad aumentare via via che i rifiuti continueranno ad accumularsi. 

Ufficialmente nel mondo sono state prodotte, solo di plutonio (tempo di dimezzamento oltre 24000 anni), 260 tonnellate, una quantità che sembra esigua. Tuttavia è bene sapere che la dose cancerogena per un essere umano è un milionesimo di grammo: questo equivale ad oltre 32000 dosi cancerogene a testa per ognuno degli 8 miliardi di abitanti del pianeta. Gli Stati Uniti, la nazione più ricca e tecnologicamente avanzata del mondo, piena di luoghi a bassissima densità abitativa (36 abitanti per Kmq a fronte dell’Italia che ne ha 200 per Kmq con il 94% del territorio a forte rischio idrogeologico e/o sismico), non ha ancora trovato un deposito definitivo per la messa in sicurezza delle scorie dopo decenni di studi ed un fiume di miliardi spesi.

In alcuni casi lo smaltimento delle scorie avviene in modo selvaggio in miniere, fiumi, laghi inceneritori. Tra il 1946 e il 1993 oltre 200000 fusti pieni di scorie radioattive furono scaricati negli abissi oceanici. La missione scientifica Noddsum ne ha individuati oltre 3000, alcuni in pessimo stato. Tra i Paesi responsabili anche l’Italia. Il problema delle scorie rimane pertanto un grave problema irrisolto a livello globale.

L’analfabetismo scientifico si manifesta purtroppo anche sotto altri aspetti: basti pensare ai cosiddetti mini reattori sui quali, il nostro Governo, ha deciso di puntare per rilanciare il nucleare made in Italy. Gli Small Modular Reactor (SMR) sono piccoli reattori con potenze dell’ordine di circa 30 – 300 MW[1] che si potrebbero realizzare in serie, in fabbrica, e successivamente assemblare nei diversi siti. Peccato che il primo progetto di Small Modular Reactor, made in USA, sia fallito ben prima di emettere il primo vagito…ma andiamo con ordine: per coprire la richiesta minima di potenza al di sotto della quale in Italia non si scende mai, in nessun momento dell’anno, servirebbero 10 centrali di grossa taglia (1-2 GW l’una). Costi stimati sulla base dei cantieri esistenti, peraltro in nazioni già attrezzate, oltre 100 miliardi di euro con tempi di realizzo, per essere ottimisti (…in Italia), di circa 20 anni.

Ad aggravare ulteriormente il quadro basta leggere i dati forniti dall’International Energy Agency (IEA) nel suo Energy Outlook 2024: i costi dell’elettricità dovuta al nucleare nel periodo 2023 – 2050 saranno, in media, tre volte maggiori dei costi delle rinnovabili con inevitabili aumenti nelle bollette.

L’alternativa proposta è quella dei mini reattori: ce ne vorrebbero però almeno 100 da circa 200 MW l’uno, in pratica un mini reattore per ogni provincia italiana, un progetto insostenibile. La narrazione ottimistica a questo proposito è stata smentita anche da un recente report dell’Institute for Energy Economics and Financial Analysis (IEEFA). Il progetto più avanzato di un reattore modulare era quello di NuScale, una società made in USA che programmava di costruire una serie di sei mini reattori in Idaho. Il progetto venne cancellato nel novembre 2023 in quanto antieconomico: in pochi anni i costi di realizzo lievitarono da poco più di 5 miliardi di dollari a 9,3 miliardi ed i finanziatori, ovviamente, si dileguarono nonostante il finanziamento di centinaia di milioni di dollari da parte del governo federale americano. Inoltre è bene sapere anche che, a parità di energia fornita, questi reattori produrranno rifiuti chimicamente e fisicamente più reattivi e più voluminosi degli omologhi nei grandi impianti per un fattore variabile da 2 a 30 volte, aggravando ulteriormente la criticità dello stoccaggio delle scorie.

Altra criticità non trascurabile: gli SMR, come la maggior parte dei reattori nucleari, hanno bisogno di grandi quantità di acqua per il raffreddamento del nocciolo. La Francia è stata recentemente costretta, in alcuni periodi, a ridimensionare fortemente la produzione di energia a causa della siccità cha ha colpito la Loira sottraendo acqua ad altre destinazioni vitali.

Inoltre l’acqua calda che esce da una centrale perturba l’ecosistema fluviale/marino per non parlare di microfuge radioattive con pesanti ripercussioni sul piano sanitario, anche se silenziate a livello mediatico…ma di questo e di altro ci occuperemo nella seconda puntata.

#2 – I nostalgici…del nucleare

Nell’articolo precedente abbiamo accennato all’impatto sulla salute umana dei radionuclidi emessi dalle centrali nucleari in condizioni di normale funzionamento. Nel 14° Rapporto del Committee on Medical Aspects of Radiation in the Environment (COMARE) vengono minuziosamente elencati tutti i quantitativi di differenti radionuclidi emessi dalle centrali inglesi, tedesche, svizzere e francesi in tre anni (1999, 2000 e 2001) a conferma della reale emissione continua di radionuclidi da parte degli impianti nucleari. I risultati, come attestano molte pubblicazioni scientifiche, sono focolai territoriali, statisticamente significativi, di leucemie ed altre forme tumorali che, a seconda dei casi, si possono estendere anche per decine di chilometri dalle centrali. Criticità sistematicamente taciute o, nella migliore delle ipotesi, sottostimate.

Un altro tema che abbiamo affrontato è stato quello relativo ai piccoli reattori modulari (SMR). Le verità, per quanto riguarda l’interesse verso i mini reattori, in realtà sono altre rispetto a quelle propagandate: la spinta verso questa tecnologia nasce dal settore militare e riguarda l’ammodernamento delle flotte di sottomarini, portaerei, ma anche di incrociatori e fregate a propulsione nucleare. Non è un caso se gli SMR esistono da decenni nell’industria militare, ma non sono stati mai autorizzati ad uso civile per ragioni di sicurezza. Durante il suo decadimento, l’Uranio genera sottoprodotti come Plutonio ed Uranio impoverito utilizzati proprio nel settore militare. Un altro ambito estremamente energivoro e fortemente interessato alla densificazione territoriale del nucleare di piccola taglia è quello dell’Intelligenza Artificiale: nel 2024 sono stati stipulati accordi dagli oligarchi del web, ossia le compagnie big-tech che monopolizzano l’offerta informatica dell’AI, con le aziende in grado di realizzare reattori nucleari per far fronte alla gigantesca quantità di energia elettrica richiesta. Lo sviluppo delle intelligenze artificiali e del cosiddetto cloud computing richiede un consumo di energia elettrica circa 30 volte maggiore rispetto a quello necessario per i classici motori di ricerca. Secondo alcune stime, entro il 2030, l’AI potrebbe rappresentare il 3-4 % della domanda mondiale di elettricità. Una fuga in avanti per soddisfare un fabbisogno energetico illimitato, una sorta di “intossicazione energetica”, così come l’ha definita da Yves Marignac, esperto dell’autorità francese per la sicurezza nucleare.

Accantonando gli SMR, l’altra tecnologia, quella battezzata di quarta generazione con reattori autofertilizzanti raffreddati a metalli fusi, sulla quale il governo si avventura in modo disorientato e farraginoso, ha una storia tutta da scrivere. Basti pensare al reattore francese Superfenix, chiuso nel 1997, o ricordare che cosa è accaduto a Monju, in Giappone, dove la produzione commerciale di energia è durata una sola ora con il reattore chiuso definitivamente nel 2016. In entrambi i casi si sono presentati gravi incidenti che ne hanno compromesso la sicurezza. Stiamo parlando di una tecnologia ancora tutta da sviluppare che non sarà disponibile, a livello commerciale, prima del 2040.

Un altro falso mito da sfatare riguarda il tema della CO2: l’Europa ha fissato al 2050 il raggiungimento della neutralità climatica, un obiettivo ambizioso che è racchiuso nella strategia chiamata Green Deal Europeo volta ad abbattere le emissioni di gas serra come la CO2 e a contrastare l’emergenza climatica. A questo proposito spesso si sente dire che il nucleare non genera anidride carbonica, affermazione complessivamente corretta durante la fase produttiva, ma se andiamo ad analizzare la filiera dell’intero ciclo, dall’estrazione dell’Uranio alla costruzione di nuove centrali fino alla loro dismissione vediamo che il nucleare, a parità di energia prodotta, genera una quantità di anidride carbonica 40 volte superiore all’idroelettrico, 15 volte superiore all’eolico e circa 4 volte superiore al fotovoltaico. Quindi non solo i costi ed i tempi di realizzo non depongono a favore del nucleare rispetto alle principali fonti rinnovabili, ma neanche gli obiettivi della sempre più urgente transizione ecologica.

E che dire dell’indipendenza energetica/geopolitica? Non abbiano Uranio in Italia, né tecnologie per trattarlo. Il 43% della materia prima viene estratta in Kazakistan e la parte restante prevalentemente in Canada, Namibia, Niger, India, Russia, Ucraina ed Australia. Inoltre i costi dell’Uranio negli ultimi cinque anni sono aumentati del 140%. La tecnologia di arricchimento, a sua volta, è largamente nelle mani di Russia e Cina. Quasi tutti i reattori del pianeta, compresi gran parte di quelli francesi e americani, sono alimentati con barre d’Uranio prodotte dal colosso russo Rosatom che, non a caso, è stato escluso dalle sanzioni dopo la guerra in Ucraina. Sposteremmo semplicemente la dipendenza dal gas verso un’altra fonte geopoliticamente instabile …e qualcuno ha il coraggio di definirla “indipendenza”.

Un’ultima osservazione riguarda il Santo Graal dell’energia nucleare: la fusione nucleare, sulla quale, mi si perdoni il gioco di parole, c’è molta con-fusione (la tentazione era troppo forte). Chi pensa che questo tipo di reazioni che avvengono all’interno delle stelle, come ad esempio nel nostro Sole, siano facilmente trasferibili a livello tecnologico si sbaglia di grosso. Si stima che serviranno almeno 30/40 anni per portarle a livello produttivo: oggi le reazioni di fusione riusciamo a mantenerle per pochi secondi. Altro grave problema: le scorte mondiali di trizio, elemento base per questo tipo di processo, ammontano a circa 30 kg…in altri termini basterebbero per un solo reattore.

Prima di discutere di un ritorno all’energia nucleare in Italia andrebbero affrontate scientificamente numerose criticità come tempi di realizzo, costi, dipendenza tecnologica e geopolitica, impatti ambientali e sanitari e, non ultima, l’agenda di decarbonizzazione, totalmente disallineata rispetto ad un programma nucleare basato sulla costruzione di prototipi propagandati in modo entusiastico ed ottimistico da politici che parlano di cose che non conoscono.


[1] W sta ad indicare l’unità di misura della potenza (Watt). Nell’articolo verranno riportati anche dei multipli come il MegaWatt (MW = un milione di Watt) e il GigaWatt (GW = un miliardo di Watt).