L’aria che respiriamo in casa (e a scuola): anche a Modena, l’inquinamento indoor è un nemico invisibile

Chi pensa che l’aria di casa sia sempre più pulita di quella che respiriamo all’aperto, dovrebbe forse ricredersi. O almeno farsi qualche domanda in più. Perché l’inquinamento indoor – cioè quello che si concentra tra le mura domestiche, a scuola, in ufficio o nei negozi – è un problema reale, spesso ignorato, ma che riguarda anche la nostra città.

A Modena ci viviamo bene, si dice. E in molti casi è vero. Ma basta entrare in certi appartamenti umidi del centro storico, in alcune scuole troppo calde d’estate e troppo fredde d’inverno, o in locali aperti al pubblico senza adeguato ricambio d’aria, per capire che c’è un tema di qualità dell’aria che non si ferma allo smog da traffico. Secondo i dati dell’OMS, trascorriamo circa il 90% del nostro tempo in spazi chiusi. Eppure, l’aria che respiriamo all’interno può essere fino a cinque volte più inquinata di quella esterna. Gli studi italiani lo confermano. Ma ce lo raccontano anche i mal di testa ricorrenti, i bruciori agli occhi in certe aule, la tosse secca che compare dopo una giornata intera passata in casa con le finestre chiuse. Le fonti sono tante e spesso invisibili: prodotti per la pulizia, vernici, mobili, deodoranti, incensi, materiali da costruzione che rilasciano formaldeide (classificata come cancerogena dallo IARC), combustione da fornelli o caminetti. Non manca il particolato fine (PM2.5), rilevabile anche in molte case del centro di Modena, specie nelle giornate di inversione termica invernale in cui la ventilazione è scarsa e i riscaldamenti accesi a pieno regime.

Le nuove abitazioni, spesso ben isolate dal punto di vista energetico, sono perfette per non disperdere calore. Ma diventano “scatole chiuse” che impediscono il naturale ricambio d’aria. E il problema, a Modena come altrove, riguarda anche gli edifici pubblici. In molte scuole e uffici mancano sistemi di ventilazione meccanica controllata, oggi indispensabili per garantire il ricambio in sicurezza. Durante la pandemia, l’amministrazione comunale ha avviato interventi per migliorare l’aerazione nelle aule scolastiche, ma il percorso è ancora in corso. E il problema non è risolto. Nel 2023, un’indagine condotta da Legambiente Emilia-Romagna su un campione di scuole ha evidenziato come molte aule superino i 1.000 ppm di CO₂ già dopo un’ora di lezione, indicando un’aria “viziata” che può influenzare apprendimento, attenzione e benessere psicofisico. Non è solo una questione di comfort. L’inquinamento indoor può causare disturbi respiratori, asma, allergie, mal di testa, stanchezza cronica, insonnia. Nei soggetti più fragili – bambini, anziani, persone con patologie croniche – può aggravare la situazione clinica. Secondo l’OMS, nel mondo oltre tre milioni di morti premature ogni anno sono attribuibili alla scarsa qualità dell’aria negli ambienti interni. Eppure, il problema resta sottotraccia. Forse perché l’inquinamento indoor non si vede. Non ha odore, né colore, né sirene d’allarme. Ma agisce ogni giorno, lentamente.

Palestre, ristoranti, uffici open space, sale d’aspetto: in tutti questi luoghi si accumulano composti volatili (VOC), polveri sottili, batteri, virus e gas irritanti. A Modena non sono rari i casi di “sick building syndrome”, quella combinazione di sintomi aspecifici (mal di testa, irritazioni oculari, difficoltà respiratorie) che colpisce chi lavora per ore in ambienti poco aerati o contaminati da sostanze chimiche. A ciò si aggiungono le muffe nei locali umidi, le fibre rilasciate dai materiali isolanti usurati, i prodotti chimici per la sanificazione usati in modo eccessivo. Gli effetti non sono immediati, ma si sommano nel tempo.

Sul fronte pubblico, si potrebbe partire da un grande piano cittadino di monitoraggio e prevenzione dell’inquinamento indoor. Un “piano aria interna” che coinvolga scuole, uffici, biblioteche, centri sportivi. L’amministrazione comunale potrebbe promuovere campagne informative rivolte ai cittadini, favorire l’installazione di sistemi di ventilazione meccanica nei condomìni e negli edifici commerciali, prevedere controlli e audit nei locali aperti al pubblico.

Sul fronte privato, bastano piccoli gesti quotidiani: arieggiare almeno tre volte al giorno, non usare profumatori o spray chimici, scegliere detergenti naturali, evitare il fumo in casa, limitare l’uso di fornelli a gas nelle cucine chiuse.

Inoltre, è anche utile il lavoro di architetti, geometri, installatori sulla qualità dell’aria indoor: non basta costruire edifici “energeticamente efficienti” se poi diventano malsani da vivere.

 “L’aria che respiriamo dentro casa o a scuola è un tema di salute pubblica. A Modena servono più più educazione ambientale e più attenzione alla qualità dell’aria” – spiega il dottor Giuseppe Fattori, medico e referente di ISDE Modena. “Occorre inserire l’inquinamento indoor tra le priorità delle politiche sanitarie e ambientali comunali. È un problema silenzioso, ma che colpisce ogni giorno, soprattutto i più fragili.”

Ci preoccupiamo – giustamente – dei livelli di PM10 in città, ma non abbiamo idea di cosa respiriamo mentre dormiamo, cuciniamo o lavoriamo. Eppure è lì, negli spazi chiusi dove trascorriamo quasi tutto il nostro tempo, che si gioca una parte fondamentale della nostra salute.

Serve cambiare sguardo. L’aria pulita non è solo quella dei boschi. È anche quella che vogliamo nelle scuole dei nostri figli, negli uffici dove lavoriamo, nelle stanze dove viviamo. Non possiamo più permetterci di ignorare l’inquinamento indoor. È tempo di renderlo visibile. E di agire.